Una moodboard per amica

L’immaginario stilistico del cliente va indagato, soprattutto nel caso non sia in grado di esprimerlo. Altrimenti resta nel suo subconscio, un territorio abitato da emozioni e passioni alle volte anche pericolose.

Ogni volta che un cliente dice di fare come meglio penso, inizio a preoccuparmi. So già che sarà una lunga battaglia e che la frase “fai tu, sentiti libero.” in realtà significa “fai tu perché non ho tempo di occuparmene”.

Lavorerò ad un progetto in completa libertà ma con l’alta (altissima) probabilità che in fase di presentazione mi verrà detto che non ci si aspettava una cosa del genere e che in mente c’era un’idea totalmente diversa.

Questo mi capita naturalmente quando lavoro con aziende che non hanno un ufficio marketing interno o che sono così sotto pressione che l’ufficio marketing non ha il tempo di occuparsi del design di quel particolare prodotto, magari perché ancora non è redditizio, o perché è il guizzo di qualcuno in azienda che non è il manager. 

Come facciamo a sapere quale stile dovrebbe avere il nostro progetto se chi ce lo commissiona non vuole in primis aprire a noi la sua anima creativa e trasmetterci il suo punto di vista?

Ci si trova di fronte a chi vorrebbe iniziare a dar vita ad un filone creativo aziendale dove verranno coinvolti diversi aspetti comunicativi di base come la brand design, campagne pubblicitarie, cataloghistica, fieristica ecc. Potrebbero essere anche lavori spot slegati completamente dal contesto di brand design aziendale (nel caso in cui ci fosse) e che quindi necessitano di una ri-progettazione radicale senza paletti iniziali. Chi decide di avviare queste attività non ha le competenze tecniche (ovviamente e giustamente) per idearle e per svilupparle. Quindi si affida a professionisti, come il sottoscritto; professionisti che sappiano ideare e progettare un aspetto aziendale in gran parte creativo.

Il design grafico deve essere opportuno e funzionale, oltre che attraente; deve vendere. Deve avere una buona percentuale di creatività in modo da farsi notare, pur rimanendo dentro a canoni idonei alla comunicazione di prodotto. Il problema è che la creatività grafica è opinabile al 100%, sempre… quasi sempre 😉 Se ad un cliente non piace, non piace, PUNTO. Ma come facciamo a sapere quale stile, tono, atmosfera dovrebbe avere il nostro progetto se chi ce lo commissiona non vuole in primis aprire a noi la sua anima creativa e trasmetterci il suo punto di vista?
Sappiate che il cliente sa sempre quello che vuole. Il problema è che non sa di saperlo. Ma lo sa. Lo sa nel suo subconscio. Bisogna essere capaci di leggere nel suo immaginario. Non voglio sostituirmi ad uno psicologo, assolutamente, ma nell’arco della mia esperienza professionale ho dovuto escogitare alcuni trucchi per poter lavorare al meglio senza sprecare tempo e questo comportava il fatto di riuscire a lavorare possibilmente pensando con due teste, quella mia e quella del cliente. Tuttavia, il fatto che il cliente approvi non è sinonimo di buon lavoro (semmai, il cliente del cliente dovrebbe approvare quello che compra) ma è sempre un buon punto di partenza che può essere aggiustato.

Come capire l’immaginario stilistico del cliente?

Per capire qual è il suo immaginario stilistico ho imparato ad usare la moodboard. Me l’ha insegnato la mia ex titolare Diane quando lavoravo nella sua agenzia a New York . Si tratta di una griglia grafica (vedi immagine sotto) con una trentina di riquadri dove ognuno possiede uno stile grafico, uno sfondo/immagine e una font. Si prendono pezzi dal web (non devono essere privi di copyright perché comunque è una cosa confidenziale tra me e il cliente) cercando di creare il maggior numero di casistiche stilistiche così da avere la più vasta copertura possibile. Mi aiuta a capire che orientamento stilistico ha il cliente in causa, forzando quest’ultimo a rilasciare una specie di traccia (anche se non diretta) del suo immaginario che fino a poco fa era nascosto nei meandri della sua anima.

Come si fa una moodboard. In pratica:

per fare questo solitamente chiedo al cliente di scegliere 3 riquadri della moodboard in base a come si immagina il tono, lo stile, l’atmosfera della futura brand image aziendale. A come vorrebbe si percepisse esternamente anche se non confermati da uno studio di marketing adeguato e approfondito. Una volta in mano mia le 3 scelte cerco di metterle insieme, fonderle creando un unico quadro. Per esempio se vengono scelte le n. 1-12-30 capisco subito che si parlerà di stile tecnico, minimale, monocromatico, font regolari/sans serif con qualche spazio per superfici materiche.

Se sceglie le n. 13-21-23 parleremo di stile decorativo, anni 50, colorato, artistico, handmade dove l’intenzione è quella di portare indietro nel tempo.

Se invece dovesse capitare una combinazione atipica come n. 03-09-27 il discorso si complica, anche se potremmo pensare ad uno stile “sporco”, grunge, ma con una certa pulizia ed ordine.

Le varianti sono tantissime, le interpretazioni infinite. Tuttavia un sistema simile aiuta molto nell’avvicinarsi all’immaginario del cliente, a trovare quel pensiero perso che tanto ci aiuterà ad azzeccare al primo colpo le giuste necessità.

Ho utilizzato tante volte la moodboard e raramente mi ha tradito. Anche perché nel momento in cui si comunica al cliente che serve per “entrare nel suo immaginario”, inconsapevolmente inizia ad autoanalizzarsi, a fare una cosa alla quale non aveva mai pensato, ma che tuttavia ritiene utile e interessante. È una specie di forzatura che però stimola entrambe le parti, in positivo.

Di positivo c’è anche che una volta realizzata, userete la moodboard per parecchi anni, fino a che non vi sarete stancati o avrete deciso di aggiungere o sostituire stili con altre combinazioni che nel frattempo avrete notato in giro. Dopotutto nel campo del design si aggiungono nuovi stili a cadenze annuali. Di negativo c’è che il processo di realizzo potrà portare via parecchio tempo ed essere laborioso ma, in tutta onestà, nel farla mi sono pure divertito.

Per saperne di più:

Canva 1: How to create a Moodboard and get your creative juices flowing.

Canva 2: Create Inspiring Mood Boards Online with Canva.

Giancarlo Salvador

Si diploma al Liceo Artistico di Treviso e solo dopo 6 anni, dopo un tentantivo universitario e un’illusione sportiva, inizia a lavorare. Inizia come designer in due rinomati studi di Padova, progettando brand identities, cataloghi e campagne pubblicitarie. Nel 2008 decide di mettersi alla prova e si sposta in un'altra dimensione spazio culturale completamente diversa, gli Stati Uniti. Dopo aver imparato l’inglese lavora per un piccolo studio di design di Manhattan - New York e poi per un agenzia di product design di Edge Water in New Jersey, fino al 2010. In questo periodo sviluppa conoscenze e incontra persone che gli permettono di crescere sia nell’aspetto professionale sia in quello personale ed emotivo. Ritorna in Italia e dal 2010 al 2011 lavora in un’agenzia pubblicitaria di Milano e dal 2011 al 2012 è a Bolzano in un’altra agenzia per seguire comunicazione e brand identity di un noto marchio autoctono. Dal 2012 diventa freelance a tutti gli effetti ed è parte del progetto Foresteria degli Autostoppisti con sede a Padova, dove vive. Nella sua precedente vita e’ stato un giocatore di pallavolo professionista e semi-professionista. Il suo cuore batterà sempre per questo sport che tanto gli ha dato.

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